|
|
| apertura
| |
|
«Yes men», come sgonfiare i media
Berlinale 54, gran finale con proteste, scandali, feste patriottiche e «rivelazioni» scabrose. Tre documentari
su donne, Stasi e Wto. Come funzionano
e come si sfasciano
i sistemi di controllo interno e internazionale
ROBERTO SILVESTRI
Alle premiazioni della Berlinale, sabato scorso, attivisti politici (studenti, soprattutto) hanno protestato contro i tagli sociali e quelli all'istruzione e alla cultura del governo Schroeder. Un happening, prima nudi sul tappetto rosso dell'ingresso, poi nel palazzo del cinema, durante il gala in diretta tv. A premiazione iniziata sono apparsi sulle balconate, con megafono, lanciando volantini. Il direttore della Berlinale, Dieter Kosslick, ha contrattato via microfono: «Non vi denuncio alla polizia, ma dite in un minuto quello che volete, e poi, siccome abbiamo solo 29' di diretta, e questa sala costa, continuerò con la premiazione». Loro hanno lanciato il messaggio, emozionati e un po' confusi, poi la polizia ha sgombrato. La presentatrice di Sat 1 ha tradotto in inglese l'intervento, compreso il progetto (ideato dalle scuole di cinema tedesche) di realizzare 19 corti sui 19 articoli della costituzione tedesca. Di Pietro e i cortismi sarebbero felici anche in Italia (abbiamo una costituzione più lunga e, speriamo, più difficile da peggiorare)...
Domenica, poi, quotidiani turchi e tedeschi entusiasti dei premi, con, in prima pagina, le foto a colori di Fatih Akin e dei due protagonisti di Gegen die Wand (Contro il muro), Sibel Kekilli e Birol Unel. Solo il quotidiano scandalistico e della destra xenofoba, Bild, è stato reticente e silenzioso. Covava vendetta, e non certo per simpatie curde, mentre gli altri inneggiavano patriottici, dal Berliner Morgenpost («ha vinto un film tedesco») a Hurriyet («a un turco l'Orso d'oro!»).
Il merito del successo della pellicola (e di quella che ha condiviso il trionfo, L'abbraccio perduto, dell'argentino Burman) è nel suo contaggioso «quoziente verità», atmosfera non patinata e stile aspro e «doc». Merito soprattutto di Silbel Kekilli, la «Rocco Siffredi del cinema tedesco», nel film non a caso è «Sibel», ragazza perduta che ritrova nell'amore vero la voglia di vivere, anche se la strada sarà ancora più in salita....
Così la grande «rivelazione» del Bild di lunedì diventa un boomerang e un involontario lancio promozionale del film: «Kekilli è una pornostar!», aggiungendo, a parte un cognome fin troppo poetico, pregio a pregio. Non per le foto pubblicate da Bild, che - omissis puritano - non documentano nemmeno gli apici hardcore raggiunti nel passato dall'attrice turco-tedesca di 23 anni (quando, col nome Dilara girava per Magmafra Sogno di un giorno d'estate, Dolci sogni di teenager o Fattoria di pulcini superfica), ma perché svelava l'unicità di Contro il muro, il «corpo a parte» della protagonista, capace grazie al regista Akin, di credibili, intense e ancor più difficili, tecnicamente, geometrie soft-core.
A Panorama, dopo il trionfo di Toronto 2003 (e arriverà presto in Italia, grazie alla Teodora), un gioiello nascosto dentro un programma troppo fitto e depistante. Dall'AmericaYes men, finalmente un vero, divertente «film di guerriglia». Degno delle cose di Michael Moore, per spirito satirico e ambizione di gittata. Lo distribuisce in Usa l'Mgm-Ua? Certo: annusa l'ondata Kerry, niente affatto effimera...
Mentre le nostrane «jene» tv se la possono prendere solo con i piccoli pesciolini del crimine quotidian-matriciano, non potendo attaccare chi li usa e ne abusa, che ne dite di affrontare, invece, la Wto, l'Organizzazione del commercio internazione, in persona? Yes men lo fa. Per denunciare e opporsi ai pericolosi diktat e alle micidiali «soluzioni finali» della mondializzazione si può fare di peggio e di ancor più violento che sfilare contro il G8 e contro chi lo protegge. Affrontando, per esempio, l'arena micidiale della comunicazione e della «disinformazione» globale. Che ne dite, per esempio, come fanno i nostri «Yes men» di mettere su un sito chiamato http://gatt.org? E poi di mandare falsi comunicati stampa rilanciati o pretese prese di posizione ufficiali del Wto, magari chiedendo l'immediata dissoluzione dell'organizzazione stessa? Diventando sempre più credibili e provocando corto circuiti come interrogazioni parlamentari (è successo in Canada) o lanci d'agenzia o inviti a convegni e meeting in tutto il mondo (Parigi, Helsinki, Sydney) o a dibattiti «live» su stazioni televisive prestigiose?
Diretto dal trio Chris Smith, Dan Ollman e Sarah Price (al fianco di Moore in The Big One) i congiurati burloni della controinformazione economica (circa 300 nel mondo, e hanno già stampato anche un libro e venduto le carte da gioco con i veri pericoli pubblici numero 1, Murdoch, Bush jr. e Rumsfeld assi di cuori e di picche, e non Saddam o Gheddafi), hanno registrato le loro buone azioni in un film feroce dove impariamo, in stile Swift coprofago, a risolvere i problemi della fame nel III mondo riciclando hamburger (l'80% del suo valore nutritivo è sprecato dall'Occidente? Perché non ottimizzarne i rifiuti?) o della flessibilità teleguidata attraverso una tuta dorata da manager dotata di enorme membro con pulsanti per elettroshock contro lavoratori che battono la fiacca. In aula i convegnisti prendono meticolosamente appunti...
|
|